Testimonianze da Brockwood Park – Stefano

LA SCUOLA DI KRISHNAMURTI PER RITROVARE SE STESSI
di Stefano Rossi

brockwood students

Esperienza incredibile in un’antica dimora nobiliare inglese dove, tra pavoni a passeggio, possiamo scoprire le nostre inclinazioni ed esprimere le potenzialità profonde. Vi siete mai chiesti perché siete qui a scuola, e vi hanno chiesto i vostri insegnanti perché siete qui? Gli insegnanti sanno perché loro sono qui? Un ambiente cooperativo e di fiducia in cui gli studenti, oltre alle materie “normali” possono mettere in discussione loro stessi e il mondo.

Un maestoso cedro del Libano è il sovrano che ti accoglie una volta arrivato alla Brockwood Park School nell’Hampshire, una delle contee più belle della costa meridionale dell’Inghilterra. Il 15 agosto del 2012, mentre in Italia si festeggiava Ferragosto io sono partito alla volta di Brockwood dopo essere stato accettato come Mature Student per la suddetta Boarding School (collegio scolastico per ragazzi dai 13 ai 19 anni).

A 26 anni, laureato e con due esperienze lavorative al seguito e dopo avere regalato 3000 € all’INPS, ho deciso di lasciare l’Italia e di stabilirmi in Inghilterra per 11 mesi, durata prevista per il profilo di Mature Student.

Perché questo?

Bisogna partire dal 1969, quando Jiddu Krishnamurti decise di fondare questa scuola il cui obiettivo era ed è quello di fornire un’educazione a tutto tondo agli studenti, piuttosto che una semplice educazione basata sul trasferimento di nozioni. Il principio base dietro Brockwood Park è proprio il voler creare un ambiente quanto più possibile cooperativo e di fiducia in cui gli studenti, oltre alle materie “normali” possono mettere in discussione loro stessi e il mondo in cui vivono.

Pur non essendo più uno studente, nel senso comune del termine, dopo aver concluso gli studi all’interno del sistema scolastico italiano ho deciso di rimettere nuovamente in discussione me stesso e ciò che mi circonda. Ho sempre avuto e sentito una certa distanza per l’autorità, per i dogmi e per le verità che non possono essere vagliate ma semplicemente accettate in quanto tali. E in un periodo di crisi e di transizione come quello che viviamo ho ritenuto estremamente necessario smontare tutto il mio sistema di credenze e ripartire in modo diverso nel tentativo del “liberarmi dal conosciuto” (per parafrase un libro di Krishnamurti Freedom from the Known).

L’università, sia per come l’ho frequentata sia per come è strutturata, non è stata in grado di fornirmi quel di più che ritenevo fondamentale per la crescita di una persona. Nemmeno l’ambiente di “eccellenza” della Luiss di Roma mi ha dato quello sto avendo qui in questa scuola. “Avete mai pensato perché venite istruiti, perché imparate la storia, la matematica, la geografia o altre materie? Avete mai pensato perché frequentate scuole o collegi? Non è forse importantissimo scoprire perché venite imbottiti di informazioni, di nozioni? Che cos’è tutta questa cosiddetta educazione? I vostri genitori vi mandano a scuola forse perché anch’essi hanno passato determinati esami e conseguito diplomi di vario tipo. Vi siete mai chiesti perché siete qui a scuola, e vi hanno chiesto i vostri insegnanti perché siete qui? Gli insegnanti sanno perché loro sono qui?” Questo testo tratto da Di fronte alla Vita di Krishnamurti condensa ciò che ognuno di noi dovrebbe chiedersi quando parliamo di educazione.

A cosa serve la scuola? Solo a fornire a ciascuno un “bagaglio” o un fardello di conoscenze che un giorno ci permetteranno di scannarci e di competere per un concorso o un colloquio di lavoro? Se questa è la visione dell’educazione allora ritengo che sia davvero scoraggiante. Di questi tempi sembra solo il modo che la società in cui viviamo ci prospetta affinché un giorno possiamo diventare utili ingranaggi alla prosecuzione e alla sopravvivenza del sistema stesso.

È difficile riassumere cosa si vive in questo ambiente se non lo si frequenta direttamente. E ancora più complicato è descrivere con le parole il modo in cui si vede crescere i ragazzi di questa scuola. Sono ragazzi, adolescenti, che provengono da ogni parte del mondo e che qui hanno la possibilità di venire educati alla vita, di modo che un giorno non siano solo degli utili ingranaggi della macchina.
Il mio ruolo qui, dal punto di vista formale, è quello di studente/lavoratore che riceve vitto e alloggio (senza salario) in cambio di lavoro part-time in cucina, in giardino o nell’orto della scuola. Per quanto riguarda l’essere studente sono io a decidere come voglio essere studente. In termini di certificati, titoli o simili questa scuola non rilascia alcun attestato volto ad arricchire
il proprio CV.

Ad ogni modo, posso prendere parte alle lezioni e, addirittura posso offrirne io agli studenti (sto dando lezioni di italiano e di nuoto), posso concentrarmi su un qualcosa in particolare e chiedere aiuto a chi ne sa più di me oppure, cosa più importante, posso fare una passeggiata nello stupendo parco della scuola e soffermarmi a osservare la Natura in azione.

La descrizione di una giornata tipo all’interno della scuola può essere utile: alle 7.30 c’è il Morning Meeting, dove ci si riunisce in 10 minuti votati al silenzio prima della colazione; dopo aver mangiato partono i Morning Jobs in cui studenti, membri dello staff (tra cui gli insegnanti) e noi mature students ci prendiamo cura della scuola pulendo, lavando e sistemando le varie aree che necessitano ogni tipo di attenzione; quindi è la volta della Morning Assembly in cui tutta la scuola si riunisce prima dell’inizio vero e proprio della giornata e che consiste nell’appello generale di tutti i componenti della scuola (staff e mature students inclusi) e in una presentazione di 5-10 minuti dove chi ha qualcosa da condividere lo fa con tutti e ciò può consistere nella lettura di una poesia, una sessione di canto corale, la lettura di un brano di libro, un’esibizione musicale ecc.; alle 9.15 gli studenti cominciano le lezioni e noi mature students cominciamo a lavorare nelle tre grandi aree di interesse della scuola che sono cucina, orto e giardino; all’una si pranza tutti insieme nell’ampia sala da pranzo o, se il tempo lo permette, fuori sul prato; nel pomeriggio proseguono le lezioni e alle 16.30 è il tempo della pausa tè, perché siamo pur sempre in Inghilterra; dopo la pausa riprendono le lezioni e alle 19 si cena.

Questo è lo sfondo tipico di una giornata che può prevedere numerosissime e variegate altre attività tra le quali spiccano i dialoghi e il cosiddetto Inquiry Time in cui tutta la scuola si riunisce per
discutere su un argomento preparato di volta in volta da differenti persone.

Ma tutto questo non rende minimamente l’idea di ciò che si osserva dietro le quinte e giorno per giorno. L’atmosfera che si crea durante il giorno è impossibile da riprodurre in parole: può capitare di vedere qualcuno intento a leggere seduto vicino al camino mentre qualcun altro suona il pianoforte dall’altro lato della stanza e ancora un gruppo di persone siede sui divani mentre il pavone, mascotte di Brockwood, passeggia regalmente sul prato che si vede dagli enormi finestroni del soggiorno.

In un ambiente del genere è facile per i ragazzi cercare di seguire le proprie inclinazioni e di scoprire quale possa essere il proprio percorso individuale di crescita. Questa realtà fornisce agli studenti, e non solo, la possibilità di vedere se stessi in relazione con gli altri dove essa non è altro che lo specchio di noi stessi.

Insomma, in un momento in cui niente è stabile e tutto si trasforma, ho deciso di lavorare per me stesso piuttosto che per qualcun altro cercando di rendermi consapevole dei condizionamenti che negli anni avevano corroso lo smalto della mia vera natura.

I tasselli del puzzle sono ancora tutti da posizionare ma almeno non c’è più tutta quella confusione che regnava qualche tempo fa. Del resto un detto latino coglie bene il senso di ciò che ho cercato di condividere Studere, studere, post mortem quid valere? Studiare, studiare, ma dopo la morte a cosa serve?

Testimonianze da Brockwood Park – Fiamma

SCOTTISH HIGLANDS (ALTA SCOZIA)
di Fiamma Borgni – 15 anni – Italy

Dal giornale della scuola “The Brockwood Observer”
Autunno/Inverno 2009

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Si fa un gran parlare del cambiamento climatico e di cosa si può fare. Si parla continuamente di deforestazione, di barriere coralline che muoiono, di habitat distrutti. E a me viene spesso da pensare che il problema risieda in quel “parlare”: non si agisce abbastanza.
Durante le vacanze di fine ottobre, un gruppo di studenti, mature students e staff, è andato nelle Scottish Higlands (una regione nell’estremo nord della Scozia) a “piantare alberi”, così veniva definita la nostra “missione”. In realtà, il lavoro comprendeva molto di più del semplice piantare alberi: dal rimuovere recinti dannosi per la vita selvatica al tagliare alberelli di specie non native e, anche, piantare alberi.

Per molti il lavoro è stato duro: il terreno non è stabile e il muschio agisce da spugna, trattenendo l’acqua piovana per molti giorni, cosicché ogni volta che qualcuno cadeva – cosa che succedeva abbastanza spesso – si inzuppava sempre di più, nonostante i vestiti impermeabili e il fatto che fortunatamente non piovesse.

Il progetto di Trees for Life – Alberi per la vita – l’organizzazione per cui facevamo volontariato, è di restaurare la foresta Caledoniana al suo stato di originale equilibrio. Il danno alla foresta fu conseguenza di una serie di fattori: nell’Ottocento la maggior parte fu tagliata per permettere di creare pascoli per le pecore, e, come conseguenza, i lupi si estinsero; questi erano predatori naturali dei daini che, quindi, si riprodussero in modo eccessivo e, cibandosi della vegetazione, impedirono la ricrescita di nuovi alberi.

In origine la foresta ricopriva la totalità della Scozia, mentre ora ne copre solo il 7%. Il 90% di questo già misero 7% è formato da piantagioni di alberi da legname commerciale, molto fitte, così da renderle produttive al massimo. Il risultato non è molto bello da vedere e per di più impedisce la crescita del sottobosco, danneggiando di conseguenza anche la vita selvatica. Solo il 10% è, quindi, foresta nativa.

La settimana in Scozia ha anche presentato diversi problemi di adattamento nella nostra piccola comunità di persone. Il posto dove dormivamo era molto ristretto, e non avere uno spazio proprio per un periodo di tempo abbastanza lungo può risultare piuttosto scomodo. Uno studente mi ha detto che a volte era stato difficile stare sempre con tanta gente, ma che in linea di massima il tutto era risultato bello e armonioso.
Per molti è stata anche un’occasione per conoscersi meglio e per socializzare con gli altri. Per me è stato difficile accettare alcuni aspetti del progetto, come il fatto di dover tagliare gli alberi non nativi, che altrimenti sarebbero cresciuti più velocemente degli alberi nativi impedendo a questi ultimi di crescere.

Anche venire a conoscenza della necessità di dover eliminare molti daini per evitare la loro sovrappopolazione è stato difficile da mandar giù.

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ALTRE TESTIMONIANZE DA BROCKWWOD PARK SCHOOL

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Saskia Grifts Moor, studentessa.

Vento freddo, ombre profonde e giochi di luce fra nuvole, bellissime. Duro lavoro e panini tutti i giorni. Scoprire la naturale bellezza delle Scottish Highlands e lavorare per ripararla. Cosa potremmo desiderare di più?

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FriederiKe Wndel, studente.

Stare in aperta campagna è stata una bellissima esperienza. A volte il lavoro era duro, ma ci aiutavamo a vicenda. E’ stato bello poterci conoscere meglio fra di noi.

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Shanti Kochupoovathummooth, mature student.

E’ stato rigenerante stare a contatto con la natura, all’aria aperta, in un paesaggio montuoso. Sentivo che quello che facevamo era molto significativo, bello, anche perché impersonale. Sentivamo di fare qualcosa di buono.

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Rupert Marquez – Insegnante di Ecologia.

Il paesaggio mi ha fatto apprezzare il breve tempo che abbiamo da vivere su questo pianeta. Mi ha molto colpito vedere tanti giovani al lavoro per prendersi cura della terra.

Testimonianze da Brockwood Park – Victor

IL MIO PRIMO E UNICO ANNO
di Victor Cordero Penin

Dal giornale della Scuola “Brockwood Observer”
Estate 2008

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Questo è stato il mio primo e unico anno a Brockwood; ci sono venuto per trascorrere un anno di pausa dopo aver concluso le scuole superiori in Spagna. Al mio arrivo mi sono imbattuto in uno speciale stile di vita, in una bellissima campagna incontaminata e in un’atmosfera incredibile. Ma la cosa più importante è che per la prima volta mi sono trovato non solo ad affrontare le materie accademiche con uno stile di insegnamento completamente diverso, ma anche a scoprire un nuovo modo di indagare le cose.

Ho imparato come relazionarmi con gli altri e un nuovo modo di vivere la quotidianità, in cui non solo ricevi ma anche dai, condividendo con gli altri la cura del posto in cui vivi. Le nuove abitudini, i nuovi rapporti e l’ambiente stesso ti mettono di fronte a ogni genere di situazioni ed emozioni, dalle quali puoi imparare molto e scoprire te stesso come individuo e come parte di una comunità. Dato che puoi disporre del tempo e degli spazi necessari, e dal momento che anche le persone intorno a te stanno scoprendo e sperimentando le stesse cose, sei in grado di acquisire una migliore comprensione di quello che avviene dentro e intorno a te. Impari anche che tutto quello che accade produce un effetto su di te e che tu produci un effetto sul mondo.

E’ stata davvero una bella esperienza di vita, non solo per quello che ho imparato, ma anche perché è stato un periodo meraviglioso, ricco di grandi momenti e di persone incredibili. All’inizio non ne ero molto sicuro, ma ora non rimpiango affatto di essere venuto in questo posto. Così come non rimpiango di doverlo lasciare perché anche questo fa parte del processo e ci sono sempre più cose da imparare dovunque siamo.

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ALCUNI ESTRATTI DA ALTRI SCRITTI

“E penso che l’aspetto più importante di Brockwood che porterò con me
è il modo di parlare di tutto qui, il modo in cui si dialoga davvero cercando
di comprenderci l’un l’altro.” – Lucie Galvani

“La cosa più preziosa che porterò via da Brockwood è l’amicizia co
le persone che ho incontrato in questi due anni.” – Felix Krog

“E quando senti la brezza, non ti fa sentire vivo? Non ti fa venire voglia
di guardare l’infinità del cielo? Con le nubi che si muovono in continuazione,
che cambiano continuamente, come te e me. Tu sei il passato, come ali,
dietro di me ora; tu mi hai insegnato, e ora io devo volare.” – Olivia Snoad

Dal giornale della Scuola
“The Brockwood Observer”- Estate 2008

Testimonianze da Brockwood Park – Julia

COME UN FOGLIO DI MUSICA
di Julia Liebisch-Peschl

Dal giornale della Scuola “Brockwood Observer”
Estate 2008

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Il vento batte sui vetri, contro la finestra, le foglie degli alberi danzano
nell’aria, gli agnellini belano correndo nei prati.

Un altro anno è quasi finito, uno dei quattro che ho vissuto qui. Fin dalle prime settimane Brockwood è diventato casa mia. Ora sono seduta qui, e non sono ancora sicura di che cosa succederà il prossimo anno, potrei essere qui o da qualche altra parte, chissà!

Non ho paura, ma è una strana sensazione pensare di dover lasciare questo posto incredibile dopo avervi trascorso alcuni degli anni più importanti della mia vita. Se cinque anni fa qualcuno mi avesse detto che un giorno sarei finita in una scuola residenziale in Inghilterra mi sarei messa a ridere! Tutto mi sembrava così accogliente e comodo nel vecchio ambiente familiare, ma talvolta la vita ci riserva grandi sorprese! E così mi ritrovai in questo posto di stupefacente bellezza per la mia settimana di prova, con una valigia piena di troppe cose: un dizionario (che non ho mai usato), le indicazioni per arrivare qui e senza la benché minima idea di che cosa mi aspettasse.

Fu l’inizio della mia esperienza di questo posto e alla fine della settimana non avrei più voluto lasciarlo! Poi dovetti aspettare sei mesi prima di potervi ritornare e durante quel periodo non riuscivo più a concentrarmi sugli studi nella mia vecchia scuola, continuavo a fantasticare su Brockwood Park School, un’incantevole scuola immersa nella campagna dell’Hampshire. E finalmente il giorno fatidico arrivò! Preparai la valigia stringendo in mano il biglietto aereo; nessuno avrebbe potuto portarmelo via!

In certi posti si fa fatica ad adattarsi, ma non a Brockwood! Tutti ne diventano una parte importante molto in fretta. E’ come una grande rappresentazione teatrale nella quale Brockwood è il palcoscenico su cui ogni anno gli attori cambiano, ma ogni persona che arriva si trova immediatamente sul palco
con un suo ruolo da sostenere. Quando arriviamo qui siamo come argilla, possiamo facilmente essere modellati, a seconda di quello che facciamo di questo posto, ma siamo anche quelli che danno forma a Brockwood, che cambia ogni anno: gente che cambia, gente che parte e nuove persone che arrivano.

Questo posto può essere paragonato a uno spartito musicale. Un foglio vuoto che ci dà la libertà di creare il nostro brano musicale! Ci vengono date le basi, cioè il foglio che aspetta di essere riempito con melodia e armonia, ma tutto il resto spetta a noi! Perciò se noi non scriviamo le chiavi, le note, gli intervalli e i tempi, il foglio rimarrà vuoto. Ogni anno la chiave musicale cambia e ogni nuovo spartito sembrerà diverso, ma ci saranno sempre delle note da suonare!
Talvolta piano, talvolta più velocemente, talvolta ci saranno moltissime note e altre volte ne verranno scritte pochissime e con calma… Ma il foglio non sarà mai vuoto.

Qualche volta mi sono sentita triste, quando sembrava mancasse la musica, ma sono cose che possono succedere… Sento di aver imparato moltissimo da quando sono venuta qui, su tantissime cose; mi sono aperta e ho imparato molto dagli altri, che a loro volta hanno imparato da me. Ho anche passato alcuni dei miei giorni più tristi qui, giorni nei quali puoi sentirti veramente molto solo, ma anche alcuni dei giorni più felici della mia vita! A volte sento di aver sprecato un mucchio di tempo a pensare, a pensare troppo, a cercare di analizzare la gente, cercando di capire le cose, di controllarle… e penso che avrei potuto impiegare quel tempo diversamente. Ma, tutto sommato, qui ho passato gli anni più incredibili ed emozionanti della mia vita. Brockwood è un posto in cui ti viene data molta libertà per scoprire, ma senza forzature, ed è una cosa che apprezzo molto.

Come alla fine di ogni anno, il tempo sembra improvvisamente correre più veloce ora, ma io voglio fermarlo un momento, guardare tutte le cose che sono successe quest’anno, respirare l’atmosfera che non sarà mai più esattamente la stessa e abbracciare le persone alle quali mi sento vicina. Sento di voler bene agli amici che hanno camminato con me e che ora devono andare per la loro strada; voglio ringraziare uno ad uno tutti quelli che hanno reso così speciale il mio tempo passato qui.
Scorrerà qualche lacrima, perché ci siamo sentiti così vicini fra di noi qui, ma la vita continua, non si fermerà mai, e dopo la partenza le persone si renderanno conto che non devono essere tristi, perché porteranno sempre un pezzo di Brockwood nel loro cuore.

Testimonianze da Brockwood Park – Daniele

IL MIO SECONDO ANNO A BROCKWOOD PARK SCHOOL
di Daniele D’Aquino

Dal giornale della Scuola “The Brockwood Observer”
Primavera 2008

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Arrivare qui è come interrompere per un momento tutte le abitudini che abbiamo costruito fino ad ora. E’ come varcare una porta che si apre su un mondo parallelo, in cui tutto viene osservato, condiviso e compreso e dove la realtà è oggetto di costante osservazione. Questo è un posto dove ci si può avventurare per cominciare a comprendere se stessi, perché qui nessuno ti giudica e nessuno viene giudicato.

Tornare qui per il secondo anno mi ha fatto capire la magia di questo posto, sempre diverso anche se non cambia mai. Ci sono persone nuove e interessanti, tutto scorre, cresce e si trasforma. La scuola è piccola, con un numero limitato di studenti e perciò è possibile considerarci una famiglia, vivendo in comunità e in armonia.

Siamo circa cento persone che rappresentano il mondo, cento culture diverse e cento diverse occasioni di conoscerle tutte. Le persone ci insegnano come cambiare e maturare, ci insegnano che ci sono tanti modi diversi di vivere e che probabilmente nessuno di questi è sbagliato, perché da ciascuno c’è sempre qualcosa da imparare.

Tornare qui per il secondo anno mi ha permesso di vivere una grande esperienza, piena di emozioni e colpi di scena. Ho lasciato questo posto conoscendo tutti molto bene e poi, da un giorno all’altro, quei ricordi non sono più gli stessi: ci sono molte persone e facce nuove intorno.

E’ difficile entrare nello spirito del momento ma, volendo, proprio da questo possono scaturire rare emozioni. E’ come osservare il cambiamento, la dinamicità delle cose, e farne veramente parte. Tutto questo ci aiuta a crescere, a capire e a pensare i nostri stessi pensieri, che diventano sempre più flessibili. Vivere qui è un’esperienza unica di comprensione e crescita, alla quale vorrei che tutti avessero l’opportunità di partecipare.

Testimonianze da Brockwood Park – Tara

UN ANNO A BROCKWOOD – Sette passi verso la libertà
di Tara Rodter

Dal giornale della Scuola “The Brockwood Observer”
Estate 2008

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L’anno scorso, a settembre, mi ritrovai sulla riva di un fiume e sapevo di doverlo attraversare. Il fiume era Brockwood e ben presto cominciò a scorrere nel panorama della mia vita. Per fortuna da questo immenso fiume affioravano delle rocce che mi hanno aiutata ad attraversarlo fino a raggiungere l’altra riva. Guardando indietro mi rendo conto che ogni passo da una roccia all’altra mi ha permesso di imparare qualcosa di nuovo. Lasciando la sicurezza della riva il mio sguardo si è aperto su una vita completamente diversa e ho imparato che il mondo è pieno di persone e posti incredibili che aspettano solo di essere scoperti da noi.

Il passo sulla prima roccia mi ha fatto vedere quanto è importante rimanere aperti a tutti e a tutto, a non chiudere le porte: non si può mai sapere quali inaspettate sorprese possiamo trovare dietro queste porte.

Con il secondo passo mi sono accorta che nella vita le cose più belle accadono quando meno te le aspetti. Ho cominciato ad occuparmi felicemente di ogni cosa e a gioire il più possibile di tutto quello che facevo.

Mentre mi trovavo sulla terza roccia ho sentito che se volevo acquisire fiducia dovevo essere più “vera” con me stessa. Subito dopo mi è stato insegnato che la maturità consiste nel conoscere gli effetti che le nostre azioni possono avere sulle persone intorno a noi.

Il quarto passo mi ha mostrato che c’è sempre qualcosa di straordinariamente bello in ogni persona, c’è sempre qualcosa che ci permette di essere in relazione con tutti e c’è sempre qualcosa che possiamo imparare da loro. Ho anche visto che l’amore e la cura sono i doni più belli che mai possiamo
dare.

Con il quinto passo ho imparato che dopo qualcosa di brutto arriva sempre qualcosa di buono. Nella vita tutto ha un suo equilibrio, qualunque cosa succeda ha la sua ragion d’essere ed è per noi una sfida per imparare e crescere.

Quando sono arrivata sulla sesta roccia, mi è stato insegnato a vivere nel presente: possiamo cambiare le cose oggi, ma il futuro non è nelle nostre mani. Mi sono anche resa conto che l’errore più grande è di dare tutto per scontato: dovremmo far tesoro di tutto in ogni momento, perché non possiamo sapere che cosa accadrà domani.

Con il mio settimo passo avevo quasi raggiunto l’altra riva e solo in quel momento ho capito che imparare è l’essenza della vita: quando smetti di imparare smetti di vivere. Brockwood ci aiuta a raggiungere grandi profondità, senza le quali non possiamo raggiungere grandi altezze.

Il mio ultimo passo sul terreno asciutto mi ha mostrato che l’amore è il fondamento di tutto, è la chiave della vita, è il ponte che unisce le nostre anime. Ora l’anno è terminato e io mi trovo sull’altra sponda del fiume.

Guardando indietro vengo presa da molte emozioni, pensieri e ricordi. Ogni singola persona ha fatto parte dell’unicità di questo anno. Tutti quanti abbiamo dovuto attraversare il nostro fiume e nessuno di noi avrebbe potuto raggiungere l’altra riva se non fossimo stati lì gli uni per gli altri, dando tutto quello che ci è stato possibile dare a chi stava intorno a noi. Non ci sono parole per ringraziare tutti voi per l’appoggio e l’amore che mi avete dato in questo anno. Ora le nostre strade si dividono, alcuni di noi si incontreranno ancora, altri no, ma una cosa che condivideremo sempre è il ricordo di questo nostro “viaggio” a Brockwood.

Testimonianze da Brockwood Park – Paolo

CARO BILL
di Paolo Ziggiotti

ex studente italiano, scrive al Direttore Bill Taylor
a proposito della sua esperienza a Brockwood Park e della sua attuale realtà.

brockwood students

Caro Bill,
mentre rispondo alla tua richiesta di condividere con gli studenti il percorso che ho intrapreso dopo aver lasciato BP, sono seduto nel mio ufficio in Somalia, ascoltando il cd di Alan Rowlan “Un recital per Brockwood Park”. Mille ricordi di momenti gioiosi e di risate affiorano alla mente, allontanandomi dallo scenario di povertà e violenza con cui devo confrontarmi nella vita di tutti i giorni. Spesso, in questi giorni, ripensando a BP, in un primo momento sento come un senso di lontananza e di distacco: 6 anni, di questi tempi, sembrano quasi un’intera generazione. Ma ripensando più da vicino ai tre anni passati a BP, mi rendo conto di quanto il mio presente sia stato profondamente influenzato
dall’esperienza a BP.

Vi arrivai che avevo solo 15 anni e me ne andai che ne avevo 18. La mia attuale identità non può prescindere dai quei 3 anni, fondamentali nel costruire la strada che mi ha portato lontano, che mi ha permesso di arrivare fin qua. Uno dei ricordi più vivi che ho di BP è tutto il discutere che si faceva sul vivere sotto una campana di vetro e di come il mondo esterno fosse una realtà completamente diversa da quella che si viveva lì. Ricordo che alcuni si lamentavano del fatto che BP fosse un posto talmente differente e unico a tal punto da influenzare il comportamento delle persone a seconda del luogo in cui si trovavano. Dopo 6 anni di vita nel “mondo esterno”, vorrei dire a tutte quelle persone che la pensano in tal modo che si sbagliano.

La mia esperienza personale mi ha fatto comprendere che la relazione tra BP e il mondo esterno, se così vogliamo chiamarlo, è simile a quella che intercorre tra una donna incinta e il figlio che porta in grembo, legati assieme dal cordone ombelicale. Entrambi non possono vivere senza l’altro, entrambi si alimentano a vicenda, si mantengono l’un l’altro, sono interdipendenti e interconnessi.

Il mondo esterno ha bisogno di BP così come BP ha bisogno del mondo esterno. Mentre ero studente a BP, ritenevo che il mio comportamento potesse e dovesse cambiare secondo l’ambiente circostante. Un approccio alla vita rivelatosi distruttivo, finché non ho capito che è giusto essere se stessi ovunque ci si trovi. BP riguarda la nostra identità, riguarda la comprensione di chi siamo veramente, di quali valori giacciono in noi, di che cosa siamo veramente fatti. Grazie al tempo trascorso a BP mi sono reso conto degli errori commessi in passato, di quanto fossero sbagliati sia la direzione che volevo prendere sia i valori in cui credevo. BP mi ha aperto gli occhi sui miei punti di forza, su come poter apprendere meglio dalla scuola e dalla vita, e come trovare le giuste risposte in me e negli altri. E, soprattutto, BP mi ha fatto capire che un altro mondo è possibile, che il cambio non è tabù e che nell’alternativa spesso giace la risposta. BP è l’unica dimostrazione che una vera e onesta cooperazione fra insegnanti e studenti, tra coloro che hanno e quelli che non hanno, tra il ricco e il povero, il bianco e il nero, il superficiale e il profondo, il credente e il non credente, possono creare attraverso il dialogo e l’interazione un ambiente perfetto per imparare a vivere in un modo sostenibile.

In nessun altro posto all’infuori di BP – ammesso che le condizioni che c’erano quando stavo lì siano ancora le stesse – il multiculturalismo, la sostenibilità e il reale apprendimento possono prosperare e crescere. Grazie alla mia esperienza a BP, per i miei studi universitari scelsi International Development and Social and Environmental Studies (Scienze della Cooperazione Internazionale, Scienze Sociali ed Ambientali) e ora lavoro nel settore della Cooperazione Internazionale come consulente dell’Agenzia delle Nazioni Unite UN-Habitat in Somalia con Terre Solidali, una Ong Italiana.

Auguro a tutti voi che siete lì adesso, di non arroccarvi sullo stesso preconcetto cosi diffuso e condizionante durante la mia epoca. Vi auguro di considerare la vostra esperienza li adesso come un viaggio che di sicuro vi cambierà per sempre e forse in meglio. L’esperienza a BP ha fatto maturare in me la capacità di riconoscere le mie debolezze, di capire quanto la paura potesse impedirmi di essere ciò che veramente ero e sono e di esprimere quindi le mie più profonde emozioni, pensieri e talvolta persino di riconoscere gli errori. L’insicurezza che determinava il mio modo d’essere e che, di conseguenza, condizionava il mio identificarmi con la maggioranza, facendomi quindi assumere certi atteggiamenti più opportuni rispetto a quel contesto, mi aveva allontanato da me stesso a tal punto da non capire più chi io fossi veramente.

Quando acquistai una maggior sicurezza in me stesso e scelsi di non scendere a compromessi con nessuno, tantomeno con la maggioranza, finalmente mi resi conto di quanto valessi e di quanto fosse importante essere quello che sono. Vi auguro tutto il meglio e che la vostra esperienza possa essere soddisfacente, significativa e ricca quanto lo è stata per me.

Sinceramente vostro,
Paolo Ziggiotti
Ottobre 2008

Caro Paolo,
ho letto la tua lettera alla fine dell’incontro della scuola mercoledì sera, in un salone assemblee strapieno – alla lettura è seguito qualche minuto di silenzio. La lettera è stata accolta molto bene e alcuni studenti e staff mi hanno poi chiesto di te e della tua lettera. Perciò ti ringrazio di aver messo per iscritto i tuoi pensieri che hanno suscitato molte riflessioni e che sono stati utilissimi… Spero che tu stia bene, abbi cura di te in quegli ambienti così difficili. Magari un giorno potrai venire a trovarci durante l’anno scolastico e presentare la tua esperienza agli studenti. Il prossimo passo!
I più affettuosi saluti,
Bill