CARO BILL
di Paolo Ziggiotti
ex studente italiano, scrive al Direttore Bill Taylor
a proposito della sua esperienza a Brockwood Park e della sua attuale realtà.
Caro Bill,
mentre rispondo alla tua richiesta di condividere con gli studenti il percorso che ho intrapreso dopo aver lasciato BP, sono seduto nel mio ufficio in Somalia, ascoltando il cd di Alan Rowlan “Un recital per Brockwood Park”. Mille ricordi di momenti gioiosi e di risate affiorano alla mente, allontanandomi dallo scenario di povertà e violenza con cui devo confrontarmi nella vita di tutti i giorni. Spesso, in questi giorni, ripensando a BP, in un primo momento sento come un senso di lontananza e di distacco: 6 anni, di questi tempi, sembrano quasi un’intera generazione. Ma ripensando più da vicino ai tre anni passati a BP, mi rendo conto di quanto il mio presente sia stato profondamente influenzato
dall’esperienza a BP.
Vi arrivai che avevo solo 15 anni e me ne andai che ne avevo 18. La mia attuale identità non può prescindere dai quei 3 anni, fondamentali nel costruire la strada che mi ha portato lontano, che mi ha permesso di arrivare fin qua. Uno dei ricordi più vivi che ho di BP è tutto il discutere che si faceva sul vivere sotto una campana di vetro e di come il mondo esterno fosse una realtà completamente diversa da quella che si viveva lì. Ricordo che alcuni si lamentavano del fatto che BP fosse un posto talmente differente e unico a tal punto da influenzare il comportamento delle persone a seconda del luogo in cui si trovavano. Dopo 6 anni di vita nel “mondo esterno”, vorrei dire a tutte quelle persone che la pensano in tal modo che si sbagliano.
La mia esperienza personale mi ha fatto comprendere che la relazione tra BP e il mondo esterno, se così vogliamo chiamarlo, è simile a quella che intercorre tra una donna incinta e il figlio che porta in grembo, legati assieme dal cordone ombelicale. Entrambi non possono vivere senza l’altro, entrambi si alimentano a vicenda, si mantengono l’un l’altro, sono interdipendenti e interconnessi.
Il mondo esterno ha bisogno di BP così come BP ha bisogno del mondo esterno. Mentre ero studente a BP, ritenevo che il mio comportamento potesse e dovesse cambiare secondo l’ambiente circostante. Un approccio alla vita rivelatosi distruttivo, finché non ho capito che è giusto essere se stessi ovunque ci si trovi. BP riguarda la nostra identità, riguarda la comprensione di chi siamo veramente, di quali valori giacciono in noi, di che cosa siamo veramente fatti. Grazie al tempo trascorso a BP mi sono reso conto degli errori commessi in passato, di quanto fossero sbagliati sia la direzione che volevo prendere sia i valori in cui credevo. BP mi ha aperto gli occhi sui miei punti di forza, su come poter apprendere meglio dalla scuola e dalla vita, e come trovare le giuste risposte in me e negli altri. E, soprattutto, BP mi ha fatto capire che un altro mondo è possibile, che il cambio non è tabù e che nell’alternativa spesso giace la risposta. BP è l’unica dimostrazione che una vera e onesta cooperazione fra insegnanti e studenti, tra coloro che hanno e quelli che non hanno, tra il ricco e il povero, il bianco e il nero, il superficiale e il profondo, il credente e il non credente, possono creare attraverso il dialogo e l’interazione un ambiente perfetto per imparare a vivere in un modo sostenibile.
In nessun altro posto all’infuori di BP – ammesso che le condizioni che c’erano quando stavo lì siano ancora le stesse – il multiculturalismo, la sostenibilità e il reale apprendimento possono prosperare e crescere. Grazie alla mia esperienza a BP, per i miei studi universitari scelsi International Development and Social and Environmental Studies (Scienze della Cooperazione Internazionale, Scienze Sociali ed Ambientali) e ora lavoro nel settore della Cooperazione Internazionale come consulente dell’Agenzia delle Nazioni Unite UN-Habitat in Somalia con Terre Solidali, una Ong Italiana.
Auguro a tutti voi che siete lì adesso, di non arroccarvi sullo stesso preconcetto cosi diffuso e condizionante durante la mia epoca. Vi auguro di considerare la vostra esperienza li adesso come un viaggio che di sicuro vi cambierà per sempre e forse in meglio. L’esperienza a BP ha fatto maturare in me la capacità di riconoscere le mie debolezze, di capire quanto la paura potesse impedirmi di essere ciò che veramente ero e sono e di esprimere quindi le mie più profonde emozioni, pensieri e talvolta persino di riconoscere gli errori. L’insicurezza che determinava il mio modo d’essere e che, di conseguenza, condizionava il mio identificarmi con la maggioranza, facendomi quindi assumere certi atteggiamenti più opportuni rispetto a quel contesto, mi aveva allontanato da me stesso a tal punto da non capire più chi io fossi veramente.
Quando acquistai una maggior sicurezza in me stesso e scelsi di non scendere a compromessi con nessuno, tantomeno con la maggioranza, finalmente mi resi conto di quanto valessi e di quanto fosse importante essere quello che sono. Vi auguro tutto il meglio e che la vostra esperienza possa essere soddisfacente, significativa e ricca quanto lo è stata per me.
Sinceramente vostro,
Paolo Ziggiotti
Ottobre 2008
Caro Paolo,
ho letto la tua lettera alla fine dell’incontro della scuola mercoledì sera, in un salone assemblee strapieno – alla lettura è seguito qualche minuto di silenzio. La lettera è stata accolta molto bene e alcuni studenti e staff mi hanno poi chiesto di te e della tua lettera. Perciò ti ringrazio di aver messo per iscritto i tuoi pensieri che hanno suscitato molte riflessioni e che sono stati utilissimi… Spero che tu stia bene, abbi cura di te in quegli ambienti così difficili. Magari un giorno potrai venire a trovarci durante l’anno scolastico e presentare la tua esperienza agli studenti. Il prossimo passo!
I più affettuosi saluti,
Bill