Testimonianze da Brockwood Park – Tara

UN ANNO A BROCKWOOD – Sette passi verso la libertà
di Tara Rodter

Dal giornale della Scuola “The Brockwood Observer”
Estate 2008

brockwood students

L’anno scorso, a settembre, mi ritrovai sulla riva di un fiume e sapevo di doverlo attraversare. Il fiume era Brockwood e ben presto cominciò a scorrere nel panorama della mia vita. Per fortuna da questo immenso fiume affioravano delle rocce che mi hanno aiutata ad attraversarlo fino a raggiungere l’altra riva. Guardando indietro mi rendo conto che ogni passo da una roccia all’altra mi ha permesso di imparare qualcosa di nuovo. Lasciando la sicurezza della riva il mio sguardo si è aperto su una vita completamente diversa e ho imparato che il mondo è pieno di persone e posti incredibili che aspettano solo di essere scoperti da noi.

Il passo sulla prima roccia mi ha fatto vedere quanto è importante rimanere aperti a tutti e a tutto, a non chiudere le porte: non si può mai sapere quali inaspettate sorprese possiamo trovare dietro queste porte.

Con il secondo passo mi sono accorta che nella vita le cose più belle accadono quando meno te le aspetti. Ho cominciato ad occuparmi felicemente di ogni cosa e a gioire il più possibile di tutto quello che facevo.

Mentre mi trovavo sulla terza roccia ho sentito che se volevo acquisire fiducia dovevo essere più “vera” con me stessa. Subito dopo mi è stato insegnato che la maturità consiste nel conoscere gli effetti che le nostre azioni possono avere sulle persone intorno a noi.

Il quarto passo mi ha mostrato che c’è sempre qualcosa di straordinariamente bello in ogni persona, c’è sempre qualcosa che ci permette di essere in relazione con tutti e c’è sempre qualcosa che possiamo imparare da loro. Ho anche visto che l’amore e la cura sono i doni più belli che mai possiamo
dare.

Con il quinto passo ho imparato che dopo qualcosa di brutto arriva sempre qualcosa di buono. Nella vita tutto ha un suo equilibrio, qualunque cosa succeda ha la sua ragion d’essere ed è per noi una sfida per imparare e crescere.

Quando sono arrivata sulla sesta roccia, mi è stato insegnato a vivere nel presente: possiamo cambiare le cose oggi, ma il futuro non è nelle nostre mani. Mi sono anche resa conto che l’errore più grande è di dare tutto per scontato: dovremmo far tesoro di tutto in ogni momento, perché non possiamo sapere che cosa accadrà domani.

Con il mio settimo passo avevo quasi raggiunto l’altra riva e solo in quel momento ho capito che imparare è l’essenza della vita: quando smetti di imparare smetti di vivere. Brockwood ci aiuta a raggiungere grandi profondità, senza le quali non possiamo raggiungere grandi altezze.

Il mio ultimo passo sul terreno asciutto mi ha mostrato che l’amore è il fondamento di tutto, è la chiave della vita, è il ponte che unisce le nostre anime. Ora l’anno è terminato e io mi trovo sull’altra sponda del fiume.

Guardando indietro vengo presa da molte emozioni, pensieri e ricordi. Ogni singola persona ha fatto parte dell’unicità di questo anno. Tutti quanti abbiamo dovuto attraversare il nostro fiume e nessuno di noi avrebbe potuto raggiungere l’altra riva se non fossimo stati lì gli uni per gli altri, dando tutto quello che ci è stato possibile dare a chi stava intorno a noi. Non ci sono parole per ringraziare tutti voi per l’appoggio e l’amore che mi avete dato in questo anno. Ora le nostre strade si dividono, alcuni di noi si incontreranno ancora, altri no, ma una cosa che condivideremo sempre è il ricordo di questo nostro “viaggio” a Brockwood.

Testimonianze da Brockwood Park – Paolo

CARO BILL
di Paolo Ziggiotti

ex studente italiano, scrive al Direttore Bill Taylor
a proposito della sua esperienza a Brockwood Park e della sua attuale realtà.

brockwood students

Caro Bill,
mentre rispondo alla tua richiesta di condividere con gli studenti il percorso che ho intrapreso dopo aver lasciato BP, sono seduto nel mio ufficio in Somalia, ascoltando il cd di Alan Rowlan “Un recital per Brockwood Park”. Mille ricordi di momenti gioiosi e di risate affiorano alla mente, allontanandomi dallo scenario di povertà e violenza con cui devo confrontarmi nella vita di tutti i giorni. Spesso, in questi giorni, ripensando a BP, in un primo momento sento come un senso di lontananza e di distacco: 6 anni, di questi tempi, sembrano quasi un’intera generazione. Ma ripensando più da vicino ai tre anni passati a BP, mi rendo conto di quanto il mio presente sia stato profondamente influenzato
dall’esperienza a BP.

Vi arrivai che avevo solo 15 anni e me ne andai che ne avevo 18. La mia attuale identità non può prescindere dai quei 3 anni, fondamentali nel costruire la strada che mi ha portato lontano, che mi ha permesso di arrivare fin qua. Uno dei ricordi più vivi che ho di BP è tutto il discutere che si faceva sul vivere sotto una campana di vetro e di come il mondo esterno fosse una realtà completamente diversa da quella che si viveva lì. Ricordo che alcuni si lamentavano del fatto che BP fosse un posto talmente differente e unico a tal punto da influenzare il comportamento delle persone a seconda del luogo in cui si trovavano. Dopo 6 anni di vita nel “mondo esterno”, vorrei dire a tutte quelle persone che la pensano in tal modo che si sbagliano.

La mia esperienza personale mi ha fatto comprendere che la relazione tra BP e il mondo esterno, se così vogliamo chiamarlo, è simile a quella che intercorre tra una donna incinta e il figlio che porta in grembo, legati assieme dal cordone ombelicale. Entrambi non possono vivere senza l’altro, entrambi si alimentano a vicenda, si mantengono l’un l’altro, sono interdipendenti e interconnessi.

Il mondo esterno ha bisogno di BP così come BP ha bisogno del mondo esterno. Mentre ero studente a BP, ritenevo che il mio comportamento potesse e dovesse cambiare secondo l’ambiente circostante. Un approccio alla vita rivelatosi distruttivo, finché non ho capito che è giusto essere se stessi ovunque ci si trovi. BP riguarda la nostra identità, riguarda la comprensione di chi siamo veramente, di quali valori giacciono in noi, di che cosa siamo veramente fatti. Grazie al tempo trascorso a BP mi sono reso conto degli errori commessi in passato, di quanto fossero sbagliati sia la direzione che volevo prendere sia i valori in cui credevo. BP mi ha aperto gli occhi sui miei punti di forza, su come poter apprendere meglio dalla scuola e dalla vita, e come trovare le giuste risposte in me e negli altri. E, soprattutto, BP mi ha fatto capire che un altro mondo è possibile, che il cambio non è tabù e che nell’alternativa spesso giace la risposta. BP è l’unica dimostrazione che una vera e onesta cooperazione fra insegnanti e studenti, tra coloro che hanno e quelli che non hanno, tra il ricco e il povero, il bianco e il nero, il superficiale e il profondo, il credente e il non credente, possono creare attraverso il dialogo e l’interazione un ambiente perfetto per imparare a vivere in un modo sostenibile.

In nessun altro posto all’infuori di BP – ammesso che le condizioni che c’erano quando stavo lì siano ancora le stesse – il multiculturalismo, la sostenibilità e il reale apprendimento possono prosperare e crescere. Grazie alla mia esperienza a BP, per i miei studi universitari scelsi International Development and Social and Environmental Studies (Scienze della Cooperazione Internazionale, Scienze Sociali ed Ambientali) e ora lavoro nel settore della Cooperazione Internazionale come consulente dell’Agenzia delle Nazioni Unite UN-Habitat in Somalia con Terre Solidali, una Ong Italiana.

Auguro a tutti voi che siete lì adesso, di non arroccarvi sullo stesso preconcetto cosi diffuso e condizionante durante la mia epoca. Vi auguro di considerare la vostra esperienza li adesso come un viaggio che di sicuro vi cambierà per sempre e forse in meglio. L’esperienza a BP ha fatto maturare in me la capacità di riconoscere le mie debolezze, di capire quanto la paura potesse impedirmi di essere ciò che veramente ero e sono e di esprimere quindi le mie più profonde emozioni, pensieri e talvolta persino di riconoscere gli errori. L’insicurezza che determinava il mio modo d’essere e che, di conseguenza, condizionava il mio identificarmi con la maggioranza, facendomi quindi assumere certi atteggiamenti più opportuni rispetto a quel contesto, mi aveva allontanato da me stesso a tal punto da non capire più chi io fossi veramente.

Quando acquistai una maggior sicurezza in me stesso e scelsi di non scendere a compromessi con nessuno, tantomeno con la maggioranza, finalmente mi resi conto di quanto valessi e di quanto fosse importante essere quello che sono. Vi auguro tutto il meglio e che la vostra esperienza possa essere soddisfacente, significativa e ricca quanto lo è stata per me.

Sinceramente vostro,
Paolo Ziggiotti
Ottobre 2008

Caro Paolo,
ho letto la tua lettera alla fine dell’incontro della scuola mercoledì sera, in un salone assemblee strapieno – alla lettura è seguito qualche minuto di silenzio. La lettera è stata accolta molto bene e alcuni studenti e staff mi hanno poi chiesto di te e della tua lettera. Perciò ti ringrazio di aver messo per iscritto i tuoi pensieri che hanno suscitato molte riflessioni e che sono stati utilissimi… Spero che tu stia bene, abbi cura di te in quegli ambienti così difficili. Magari un giorno potrai venire a trovarci durante l’anno scolastico e presentare la tua esperienza agli studenti. Il prossimo passo!
I più affettuosi saluti,
Bill